Gli strumenti del Carnevale sardo

Il Carnevale da sempre racchiude in sè atteggiamenti e gesti “anti-qualcosa”, era la giornata in cui era concesso al popolo di capovolgere la normalità delle cose, anche quella di perpetuare antiche pratiche magico-religiose precristiane.

Infatti alcune maschere isolane non corrispondono affatto all’idea gioiosa e irriverente che si ha del carnevale, presentandosi invece come cortei composti, tetri e silenziosi, proprio perchè nascono in altri contesti ancestrali di riti agrari ,che hanno trovato modo di esprimersi nella settimana che precede l’inizio della Quaresima.

In questo contesto il suono sembra assumere in sè un valore simbolico determinante: Nel caso dei Mamuthones il significato è di contrapposizione tra il “selvatico” e la civiltà, simboleggiano l’antitesi natura/cultura evidente soprattutto negli abiti di pelliccia, maschere con corna, teste di animali ecc., diversi a seconda del luogo della Sardegna (boes a Ottana, Ursu di Sassari); ma quello che li accomuna tutti è il tintinnio di campanelle e campanacci che in vario numero, forma e dimensione pendono dal corpo dell’uomo animale e che connotano, nel loro suono, il dramma.

Il significato ultimo è appunto il tentativo dell’uomo di dominare la natura, di renderla meno imprevedibile e sfruttarla; l’esito della vicenda che vede l’uomo trionfante è di conforto per l’intera comunità; la stessa cosa accade per il suono, perchè il tintinnio disordinato, rumoroso e agreste che caratterizza l’incedere delle maschere, diventa ritmo, ordine, si muovono sincronicamente e lo scatto aziona centinaia di campane.

Negli altri carnevali il rumore rimane rumore, a Mamoiada diventa musica, cioè, nella definizione di uno dei più grandi compositori del Novecento, Edgard Varese “suono organizzato”.

Chiara Schirò

Solo musica nelle feste in Sardegna?

g_2Il paesaggio sonoro è costituito da un’insieme di sonorità che nella percezione e nella memoria delle persone rimandano a un determinato contesto spazio-temporale

La festa, da una prospettiva socio-antropologica, non era sinonimo di divertimento ma di semplice opposizione al concetto di quotidianità. Infatti si cambiava anche solo il modo di mangiare e anche il modo di vestire, e soprattutto c’era una maggiore densità di suoni e musica.

Oggi noi possiamo sentire la musica in qualsiasi contesto e luogo, ma un tempo la musica era un bene piuttosto raro e razionato, si poteva vivere solo nell’istante dell’esecuzione; il suono festivo, poi, non si riduceva alla sola musica ma si estendeva a tutto il “paesaggio sonoro” nel complesso, ossia tutti gli “eventi acustici” e sensazioni uditive che contraddistinguono un determinato luogo/occasione.

Alla costruzione del paesaggio sonoro della festa comunitaria partecipavano in primo luogo le campane di chiesa che scandivano la vita delle comunità e che nel giorno della festa eseguivano uno specifico repertorio di arrepiccus, ossia rintocchi rapidi che caratterizzavano il momento.

si aggiungevano le campanelle, i bubboli, i campanacci dei buoi, le esplosioni con i petardi che avevano l’intento di accrescere l’euforia della comunità.

ovviamente i suonatori di launeddas, di organetto, i tamburi, contrapposti al vociare e alle risate delle persone o al lento lamento delle processioni,

gli zoccoli dei cavalli, dei buoi, il saltellare dei bambini, e l’abbaiare dei cani…

la tazzine dei caffè nei bar in piazza, il frusciare dei giornali, le biciclette e i loro campanelli, il vento, le foglie, gli alberi, il canto degli uccelli…

“il mondo è un’immensa composizione musicale” completamente casuale, completamente unica, che si esaurisce e scompare nell’istante in cui si consuma.

Chiara Schirò

I Suoni ambientali

Le toniche: La tonica in musica è la nota principale di una tonalità, quella a cui ruota attorno un intero brano, quella che si ripete più spesso e fa da sfondo continuo a una composizione; allo stesso modo, nell’ambiente il sottofondo continuo e perpetuo di un ambiente è chiamata tonica. Può essere il rumore dell’acqua in prossimità di un fiume, il rombo dei motori all’interno di una città, il suono di un condizionatore all’interno di un ufficio. Funziona esattamente come funziona un bordone in certi strumenti musicali, quelle note lunghe, fisse tenute per l’intera durata di un brano o di una frase musicale. Pensiamo a quel suono perpetuo, penetrante e continuo delle Launeddas, scaturito appunto dalla canna di bordone.

I Segnali: sono i suoni-messaggio, quelli che ascoltiamo più facilmente perchè ci avvertono o segnalano qualcosa: può essere il suono di un cellulare, di un ambulanza, di un clacson di un passaggio a livello.

Le impronte: quelli, secondo me più importanti, più belli; i suoni propri di un territorio, quelli che esistono solo perchè strettamente legati a un paesaggio in particolare: il suono del Big Ben a Londra, le cascate del Niagara, il brusio di Porta Portese, il Muezzin a Istambul, il bramito del cervo sardo…

Il paesaggio sonoro

Sappiamo dire con esattezza quali nuove costruzioni sono sorte nella nostra zona negli ultimi 20 anni; sappiamo, anche approssimativamente, di quanto sia cresciuta la popolazione ultimamente, ma non sappiamo, neanche alla lontana e neanche ce ne preoccupiamo, di quanti decibel sia cresciuto il livello sonoro nello stesso arco di tempo…

cosa sentivano i nostri bisnonni? un uomo dell’800 probabilmente non sopporterebbe tutto questo inquinamento acustico… quante delle loro azioni quotidiane erano scandite dai ritmi sonori e dai molti segnali acustici ambientali?

Molti di questi segnali non li percepiamo neanche più, il nostro cervello è abituato a schermare i suoni abituali a tal punto da non credere neanche più che esistano ancora.

Chiara Schirò